CIBO BIOLOGICO: tra inganno e realtà!

In molti paesi sviluppati, tra i primi manco a dirlo c’è l’Italia, il mercato dei prodotti BIOLOGICI è cresciuto a dismisura negli ultimi anni. I motivi che spingono il consumatore ad acquistare BIO sono vari: c’è chi li preferisce perché contengono meno residui di pesticidi, chi li considera più rispettosi dell’ambiente, chi più salutari e gustosi, chi li considera un favoloso connubio dei vantaggi appena citati.

Effettivamente gli slogan che ci vengono proposti dai produttori di prodotti BIO ci inducono senza dubbio a pensare che il cibo convenzionale sia inferiore al biologico dal punto di vista nutrizionale, meno salutare. In definitiva, biologico sembrerebbe indiscutibilmente garanzia di qualità.

I numerosi studi scientifici svolti sull’argomento (non ultima la rassegna sistematica del 2012 dell’Università di Stanford) mostrano chiaramente che non ci sono prove che dimostrino sostanziali differenze nutrizionali tra alimenti biologici e convenzionali. Infatti i risultati ottenuti evidenziano che “in più del 95% dei prodotti agroalimentari analizzati non è stata rilevata alcuna  differenza nel contenuto di nutrienti tra convenzionale e biologico”.

Il consumatore di cibi biologici inoltre non si aspetta di trovare residui di pesticidi e di prodotti di sintesi nel prodotto che acquista, per tale motivo considera questi alimenti “più sicuri”

Vale la pena precisare prima di tutto che la certificazione di “biologico” non viene rilasciata sulle proprietà del prodotto finale, ma sul metodo di produzione. In altre parole, il pomodoro è certificato BIO non perché sia più sano e nutriente, ma perché durante la sua coltivazione non è stato fatto uso di pesticidi di sintesi.

È vero, l’agricoltura biologica non può fare uso di pesticidi di sintesi, ma ne utilizza alcuni di origine naturale. D’altra parte il fatto che una sostanza sia “naturale” non garantisce di per sé che sia innocua per l’uomo e per l’ambiente, quindi una precisazione appare necessaria. Alcune piante per esempio producono per la loro difesa sostanze con effetto cancerogeno. Queste stesse sostanze spesso entrano a far parte dell’alimentazione umana. Il semplice fatto che siano naturali perché prodotte direttamente dalla pianta ci induce erroneamente a pensare alla loro salubrità.

Altre sostanze “naturali” e pertanto ammesse nella coltivazione BIO sono per esempio lo zolfo o i prodotti contenenti rame. I Sali di rame vengono utilizzati da oltre un secolo come fungicidi nella coltivazione delle viti. Il rame però è un metallo pesante e come tale non è soggetto a ulteriore degradazione nell’ambiente. Il suo accumulo progressivo nel terreno è diventato con gli anni un reale problema. Oltre ad avere effetti negativi sulla flora microbica del suolo in alcuni casi può risultare tossico anche per la stessa vite.

L’EFSA nel 2009 ha pubblicato un rapporto sui residui di pesticidi sugli alimenti nella UE. Il 96 per cento dei prodotti convenzionali sono risultati conformi ai limiti di legge per il contenuto di pesticidi. Se si considerano gli alimenti biologici, la percentuale di prodotti con residui nella norma è del 98 per cento. È una differenza abissale? No!

Tutti i prodotti agricoli in commercio, siano essi convenzionali o biologici, devono rispettare rigorosi criteri di sicurezza e devono quindi essere sicuri per il consumatore indipendentemente da come essi vengono prodotti!

Ancora una precisazione vale la pena di fare: l’autorità competente (Ministero della Salute) impone per le coltivazioni convenzionali il rispetto dell’intervallo di carenza.   Questo altro non è che l’intervallo di tempo che intercorre fra l’ultimo trattamento e la raccolta. La durata dell’intervallo di carenza dipende da diversi fattori, ma in generale è definita prudenzialmente per ridurre al minimo il contenuto di residui di pesticidi sugli alimenti ed evitare i rischi per la salute del consumatore.

Nel nostro immaginario, il cibo BIO spesso è associato all’immagine della fattoria, dove ogni mucca o gallina ha un nome, alla tenuta agricola vicino casa, al KM 0, al cibo che percorre pochi metri prima di essere venduto. Negli ultimi anni infatti sta dilagando l’abitudine a contare i Km che ha percorso il cibo come indice per misurare l’impatto ambientale che esso ha.  Alla base di questi calcoli c’è il concetto che un cibo più ha viaggiato, più combustibile è stato consumato, più CO2 è stata emessa, più ha inquinato e meno il cibo è ecologicamente sostenibile.

Se qualcuno ha la fortuna di avere il contadino dietro casa che vende frutta e verdure, faccia pure! Magari! È di buona qualità ed ha un buon prezzo, ma… non si può spacciare per “ecologicamente sostenibile”, perché questa caratteristica non gli appartiene! Il piccolo produttore è ecologicamente molto più inefficiente rispetto alla grande produzione. Inoltre se la maggior parte di noi facesse 10 km in macchina due volte a settimana per comprare 2 kg di verdura dal singolo produttore, genererebbe più CO2 che non facendone arrivare tonnellate alla grande distribuzione in un solo viaggio da oltre 1000 km.

La mia intenzione non è certo quella di demonizzare il mercato BIO. Questa breve divulgazione vuole essere una provocazione per chi invece è abituato a credere agli slogan e a cadere facilmente nella fitta e intricata rete del marketing. Non è giusto aggiudicarsi i patentino di “ecologicamente corretto” senza andare in fondo all’argomento o perlomeno provarci.

I tentativi di andare oltre il conflitto cibo convenzionale/biologico sono già in atto. Da un po’ di tempo è possibile trovare al supermercato prodotti agroalimentari da agricoltura INTEGRATA. Una forma intermedia tra convenzionale e biologica, che tenta di mettere insieme i vantaggi di entrambe. Purtroppo però, i forti sostenitori del “BIOLOGICO A TUTTI I COSTI” e quelli del “CONVENZIONALE  È MEGLIO” stanno ancora provando a fare pace tre di loro.

Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento consiglio di leggere il libro “PANE e BUGIE” di Dario Bressanini dal quale ho preso spunto.

 

Fonti:

“PANE e BUGIE” di Dario Bressanini

http://www.cra-pav.it/bancadatibiologica/iniziale.asp

“Nutritional quality of organic foods: a systematic review.”, Dangour et al., The American journal of clinical nutrition 90.3, 680-685 (2009)

Smith-Spangler, Crystal, et al. “Are organic foods safer or healthier than conventional alternatives? A systematic review.” Annals of Internal Medicine 157.5 (2012): 348-366.

 

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